Sacerdoti Francesco Registri alunni 1942-43 e 1943-44
Didascalia Nel Registro degli alunni dell’anno scolastico 1942-1943 si nota la presenza di un alunno, Sacerdoti Francesco, iscritto alla classe…
Sacerdoti Francesco Elenco rifugiati ebrei in Svizzera Dicembre 1943
Didascalia Lo studente Sacerdoti Francesco troverà rifugio in Svizzera insieme ai suoi genitori, il 2 dicembre 1943. Il suo nominativo…
Franco Lazzaro Registro alunni 1942-43
Didascalia Nel Registro degli alunni iscritti all’anno scolastico 1942 – 1943, si nota la presenza di un alunno, Franco Lazzaro.
Franco Lazzaro Elenco rifugiati ebrei in Svizzera Dicembre 1943
Didascalia Lo studente Franco Lazzaro troverà rifugio in Svizzera il 9 dicembre 1943; il suo nominativo e quello della madre…
Franco Lazzaro Registro degli esami dell’anno scolastico 1944-45
Didascalia Lo studente Franco Lazzaro cercherà di sostenere gli esami nella sessione estiva del 1945, ma verrà respinto.
Terni Gian Galeazzo Registro esami 1942-43
Didascalia Nel Registro degli esami dell’anno scolastico 1942-1943 si nota la presenza di un alunno, Terni Gian Galeazzo, respinto agli…
Le responsabilità del fascismo
Il graduale sviluppo di un atteggiamento antiebraico
All’interno dei fasci di combattimento e nel successivo Partito Nazionale Fascista vi erano elementi che manifestavano apertamente un’ideologia antisemita, basti pensare a Giovanni Preziosi (futuro artefice e capo dell’Ispettorato generale per la razza, istituito nell’aprile del 1944 dal governo della repubblica sociale italiana), che nel 1921 aveva pubblicato la versione italiana dei “Protocolli dei Savi anziani di Sion” ne “La Vita Italiana”. Con il consolidamento del regime, a partire dal 1925-26, il governo fascista cercò di estendere il suo controllo sulle comunità ebraiche italiane con l’istituzione nell’ottobre 1930 dell’Unione delle comunità israelitiche d’Italia; l’intenzione era quella di fascistizzare le organizzazioni ebraiche e i loro vertici. Nei primi anni Trenta cominciò ad emergere il sospetto relativo alla fedeltà al regime, e quindi alla nazione stessa, da parte di alcuni appartenenti alla minoranza ebraica perché coinvolti in movimenti antifascisti, come Giustizia e Libertà; oppure perché si poneva l’accento sulla incompatibilità tra l’appartenenza nazionale italiana e l’appartenenza nazionale ebraico-sionista. Una particolare influenza sulla decisione di intraprendere una specifica politica antiebraica venne esercitata dalla conquista dell’Etiopia e dalla fondazione dell’Impero (1935-1936); infatti il governo iniziò ad emanare delle disposizioni contro il meticciato nelle colonie, e a dare grande rilevanza all’assunzione di una mentalità chiaramente razzista da parte del popolo italiano. Inoltre le responsabilità delle sanzioni economiche contro l’Italia sancite dalla Società delle Nazioni furono, in parte, attribuite anche al consenso delle organizzazioni internazionali ebraiche. Tra la fine del 1935 e l’estate del 1936, il regime diede inizio ad una campagna di propaganda antiebraica: nelle librerie si tornavano ad esporre copie dei “Protocolli”; fu pubblicato il libro di Paolo Orano “Gli ebrei in Italia”; comparve un articolo di Telesio Interlandi (futuro direttore del quindicinale “La difesa della razza”) “Ai margini del razzismo. Il meticciato dissidente” sul quotidiano “Il Tevere”. Tutte opere che cercavano di giustificare l’estraneità degli ebrei alla nazione italiana e il pericolo di un “meticciato” interno al paese.
Il 1938: la svolta verso una politica antiebraica ufficiale
Nel febbraio del 1938 Mussolini fece controllare la presenza di ebrei nelle Forze Armate e nelle Università (professori e studenti). L’iniziativa fa presumere che il governo, nella persona del suo Capo, si stava ormai apprestando ad attuare dei provvedimenti ufficiali contro i cittadini italiani di origine ebraica. Il 14 luglio 1938 fu pubblicato su “Il Giornale d’Italia” un articolo anonimo intitolato “Il Fascismo e i problemi della razza”. I nomi dei firmatari del testo furono resi noti il 25 luglio; si trattava di un gruppo di studiosi, docenti universitari, che avevano aderito alle proposizioni che avrebbero dovuto costituire la base del razzismo fascista. E’ noto che il testo, di quello che verrà in seguito diffuso con il titolo “Manifesto degli scienziati razzisti”, era stato elaborato dall’antropologo Guido Landra su incarico di Mussolini, che aveva seguito personalmente la redazione del documento. Il 5 agosto 1938 iniziò la pubblicazione del quindicinale “La difesa della razza” di Telesio Interlandi; la rivista costituirà un potente mezzo di diffusione dell’antisemitismo e del razzismo nella popolazione italiana. Occorre ricordare che tutte le scuole furono sollecitate ad abbonarsi alla rivista. Il 22 agosto segnò l’avvio del censimento dei cittadini italiani e stranieri di origine ebraica. la raccolta dei dati fu organizzata dai prefetti, a cui il sottosegretario di Stato Buffarini Guidi aveva fornito precise disposizioni, e venne realizzata dagli addetti dei singoli comuni. Il censimento ebbe una fondamentale funzione, quella di individuare le persone da discriminare e in seguito perseguitare. I dati numerici che emersero furono di 46.656 “ebrei effettivi”, di cui 37.241 italiani e 9.415 stranieri; di questi ultimi la maggior parte si era rifugiata in Italia per sfuggire alla discriminazione e persecuzione già in atto in Germania e Austria.
Il 1938: la legislazione antiebraica
La prima disposizione discriminatoria fu promulgata il 5 settembre 1938 con il Regio Decreto Legge n. 1390 che riguardava in modo specifico la scuola; gli studenti e gli insegnanti considerati ebrei furono espulsi da ogni ordine e grado del sistema scolastico pubblico. Vennero espulsi oltre cento direttori e maestri di scuola elementare, almeno 279 presidi e professori di scuola media, 96 docenti universitari, oltre 133 aiuti e assistenti; circa 8.500 studenti; furono vietati i libri di testo scolastici di 114 autori.
Seguirono altri decreti relativi all’istituzione scolastica, come il Regio Decreto Legge del 23 settembre n. 1630 che riguardava l’istituzione di scuole elementari per fanciulli di razza ebraica; esso prevedeva l’istituzione di classi separate per alunni ebrei nel caso in cui ci fossero almeno dieci bambini ebrei all’interno della scuola. Ovviamente le lezioni per questi bambini dovevano essere svolte in un orario diverso da quello dei bambini ariani.
Il regio Decreto legge n. 1779 del 15 novembre 1938 riuniva in un unico testo le norme già emanate per la difesa della razza nella Scuola italiana.
Infine il 17 novembre 1938 fu promulgato il Regio Decreto Legge n. 1728 che raccoglieva tutti i provvedimenti presi dal governo fascista, e firmati dal re Vittorio Emanuele III, per la difesa della razza italiana.
Ai primi decreti, in seguito convertiti in legge, ne seguirono molti altri, sempre più pesanti e discriminatori; essi miravano ad isolare e impoverire i cittadini italiani di origine ebraica, rendendo loro la vita impossibile e precludendo alle giovani generazioni una formazione scolastica adeguata. Per quanto riguarda gli ebrei stranieri, la legge prevedeva la loro espulsione entro il mese di marzo 1939. Durante il periodo bellico gli ebrei stranieri ancora presenti sul territorio italiano furono concentrati in campi di internamento o destinati all’internamento libero in diversi comuni, una sorta di confino di polizia. La condizione degli ebrei italiani si fece sempre più critica, nel 1942 venne introdotto il lavoro obbligatorio da prestare nelle province di residenza a discrezione del locale prefetto. Nel giugno del 1943, il governo stava predisponendo la consegna degli ebrei stranieri all’alleato tedesco in vista della loro deportazione e l’allestimento di campi di concentramento per gli ebrei italiani.
Dopo l’8 settembre 1943
Dopo l’8 settembre del 1943 con l’occupazione tedesca della maggior parte del territorio italiano e l’istituzione della Repubblica sociale italiana, gli ebrei si trovarono in una condizione di estremo pericolo. In questa fase la persecuzione dei diritti diventò persecuzione delle vite. Con la promulgazione della Carta di Verona da parte della Rsi, gli ebrei erano diventati a tutti gli effetti nemici e come tali potevano essere arrestati: al punto 7 si riportava “Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica”. La situazione si fece ancora più drammatica dopo l’emanazione dell’ordine di polizia n.5 del 30 novembre 1943; infatti da quel momento gli arresti degli ebrei furono operati in prevalenza dalle forze di polizia italiane e gli arrestati, dopo essere stati inviati prima nelle carceri vicine ai luoghi di arresto e in seguito nei campi di Fossoli e Bolzano, furono consegnati ai tedeschi per essere deportati principalmente nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau. L’unica strategia di salvezza era quella di nascondersi e soprattutto quella di tentare di sconfinare in Svizzera, cosa che molti ebrei cercarono di fare proprio nella provincia di Como, vista la sua vicinanza con il confine elvetico.
Le ripercussioni delle Leggi razziali del 1938 nella scuola: la ricerca condotta nell’archivio storico del Liceo Scientifico “Paolo Giovio”
Il lavoro di ricerca si è basato principalmente sulla consultazione:
- dei Registri degli alunni a partire dall’anno scolastico 1936-37 fino al 1945-46;
- dei Registri di Protocollo in cui si registrava tutta la corrispondenza della scuola in entrata e in uscita, a partire dal 1938 fino al 1945;
- dei Bollettini che raccolgono tutte le leggi e le circolari applicative relative alla scuola;
- dell’elenco dei profughi riparati in Svizzera dal 1943 al 1945, pubblicato da Renata Broggini nel libro “La frontiera della speranza – Gli ebrei dall’Italia verso la Svizzera 1943-1945”, ed. Mondadori, Milano 1998;
- del database relativo agli “Ebrei stranieri internati in Italia durante il periodo bellico”, pubblicato in Rete da Anna Pizzuti, www.annapizzuti.it;
- del libro di Liliana Picciotto “Salvarsi – Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah. 1943-1945”, ed. Einaudi, Torino 2017;
- del libro di Michele Sarfatti “Gli ebrei nell’Italia fascista”, ed. Einaudi, Torino 2007
Un primo dato che emerge dalla ricerca svolta è la mancanza di documentazione che possa testimoniare l’espulsione di studenti di origine ebraica dal Liceo Scientifico “Paolo Giovio” nell’autunno del 1938. Nell’archivio storico della scuola mancano i registri dei verbali delle adunanze dei professori relativi al 1938, mancano gli annuari che si fermano al 1932; le uniche fonti da cui trarre informazioni sono i Registri degli alunni, i Registri di Protocollo, e i Bollettini che contengono la normativa scolastica e le circolari relative alla loro applicazione. Nei Registri di Protocollo si trovano tracce dei provvedimenti trasmessi dal Regio Provveditorato di Como in merito all’applicazione delle disposizioni ministeriali volte all’espulsione degli studenti e degli insegnanti di origine ebraica dalla scuola. Ad esempio nel registro di Protocollo relativo al 1938, la prima nota che si riscontra è del 20 agosto 1938 al n. 7427, in cui si legge: “Divieto di iscrizione per gli studenti ebrei; e poi alla nota n. 7429 del 24 agosto 1938 si legge: “Censimento del personale di razza ebraica” a cui si risponde il 16 settembre 1938 “Si trasmettono 10 schede del personale del Liceo”; senza che si possa avere un riscontro rispetto al tipo di schede inviate e al loro contenuto.
Nei Registri degli alunni, a partire dal 1936-1937, si è riusciti a rintracciare i nominativi e i dati anagrafici e scolastici di alcuni studenti con cognomi di origine ebraica, probabilmente figli di coppie miste e praticanti un’altra religione rispetto a quella ebraica, che dopo l’8 settembre del 1943 si rifugiarono in Svizzera nel timore di essere arrestati dalle autorità di polizia della Repubblica sociale italiana. Alla fine della guerra, nei Registri degli alunni relativi all’anno scolastico 1945-1946, compaiono, invece, i nominativi di studenti di origine ebraica che, dopo essersi rifugiati in Svizzera, rientrarono in Italia e ripresero il loro percorso di studio iscrivendosi al Liceo Scientifico “Paolo Giovio”. In due casi si tratta di ragazzi provenienti dalla Jugoslavia che nel periodo bellico si erano rifugiati in Italia con le loro famiglie ed erano stati sottoposti all’internamento previsto per gli ebrei stranieri a partire dal 1940. Anche questi ragazzi trovarono riparo in Svizzera dopo l’8 settembre 1943, rientrarono in Italia nel 1945 e si iscrissero al Liceo Scientifico “Paolo Giovio”.
A cura di Elisabetta Lombi